LUIGI CELESTRE ANGRISANI

L'articolo 20 aprile 2001   «Il mercato delle candidature». I papabili imposti dall'alto aumentano l'indecisione degli elettori. Il 13 maggio si avvicina. E aumentano gli italiani che non sanno dove metteranno la loro richiestissima croce. Dovrebbe essere il contrario: la campagna elettorale dovrebbe servire a far decidere. Come mai la confusione cresce anziché diminuire? Come mai il cittadino di fronte al richiamo dei candidati si allontana anziché avvicinarsi? Il numero degli indecisi si è impennato dopo la definizione delle candidature. Chi in cuor proprio aveva qualche voglia di votare Silvio Berlusconi o Francesco Rutelli si è reso conto che il voto lo darà invece al candidato che le segreterie dei partiti hanno deciso di imporre nel suo collegio. Il rapporto E’ ovvio? Mica tanto. Diciamo la verità, quella delle candidature è una brutta storia. Qualcuno ha detto che ha rappresentato il punto più basso nel rapporto tra cittadini e politica, o meglio il punto di più alta indifferenza dei partiti nei riguardi degli elettori. Veltroni, che è segretario del maggiore partito del centro sinistra, ha dichiarato che questa storia delle candidature è stata un cattivo esempio di predominio delle segreterie di partito. Le foto E Berlusconi ha vietato ai suoi candidati di fare manifesti con il loro volto. Perché? Perché sostiene che la gente vuole votare Berlusconi e non i singoli candidati, che anzi farebbero perdere voti. Non mi pare il massimo della democrazia. L’elettore non è un soldatino ubbidiente pronto ad eseguire gli ordini dei capi nazionali. Il voto vuole darlo a un candidato vero, in carne ossa e cervello, degno di quell’atto di fiducia straordinario che è il voto. L’elettore vuole scegliere, non essere scelto. Il sondaggio E di fronte a un candidato imposto da una segreteria di partito per motivi che non c’entrano niente con la gente, ha tutto il diritto di dire «ma perché mai dovrei votarlo?». E se indeciso non lo era lo diventa. Tanto è vero che un sondaggio uscito in questi giorni parla addirittura del 40 per cento degli italiani che non sa cosa farà il 13 maggio. Qualcuno ha definito gli indecisi il partito di maggioranza relativa, forse corre il rischio di essere il partito di maggioranza assoluta. Gli indifferenti E non si dica che gli indecisi sono gli indifferenti. Può essere vero il contrario. Sono coloro che non vogliono firmare una cambiale in bianco, vogliono capire bene prima di mettere un segno su una scheda. Quel segno servirà non solo a far vincere uno schieramento ma a mandare una persona in Parlamento. Ha tutto il diritto di capire chi è, perché sta lì, cosa ha fatto, cosa pensa di fare, se e come manterrà un patto con gli elettori. E invece si trova di fronte, nella maggior parte dei casi, candidati che non ha scelto o che non vorrebbe. E’ inevitabile? Neanche per sogno. Basterebbe una cosa semplicissima che si chiama «elezioni primarie». Come negli altri paesi, come negli Stati Uniti per esempio. Significa semplicemente che le persone da candidare nei collegi non vengono decise dalle segreterie dei partiti ma dai cittadini. I simpatizzanti In questo modo i simpatizzanti di uno schieramento eviterebbero la situazione spiacevole di voler votare un simbolo ma di non voler votare la faccia che lo rappresenta. Significherebbe che diventa candidato non colui che ha bivaccato per più tempo sotto i portoni dei capi di partito ma chi ha dimostrato di seguire con più attenzione e capacità i problemi del territorio che vorrebbe rappresentare. Senza primarie il cittadino è chiamato solo ad ubbidire, a votare senza guardare in faccia chi vota. Le lamentele Non tutti ci riescono, molti preferiscono non votare per niente. Ma quando saremo sommersi dal coro di lamentele per l’astensionismo ricordiamoci, per favore, che un voto non può essere una cambiale in bianco a favore di uno sconosciuto. Pagina principale Transmitted:19/04/2024 08:23:20 DRIVEN BY XCENT XcClassifieds Lite

 

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