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Gli interventi del Presidente sul quotidiano "Il Mattino" 


LUIGI CELESTRE ANGRISANI

L'articolo

06 aprile 2001  
Malati terminali, nessuno li aiuta. Buona idea gli "ospice" del ministro Veronesi, ma qui non ce ne sono. Il ministro della Sanità Umberto Veronesi è il politico ( se così possiamo definirlo) più amato dagli italiani. Perché? Credo per due ragioni. La prima è che dice cose giuste che in molti non hanno mai avuto il coraggio di dire. La seconda, per paradosso, è anche più importante: le dice con chiarezza, senza falsi pudori e senza condirle di mezze bugie e mezze verità. L’ultima l’ha detta pochi giorni fa, al congresso mondiale delle cure palliative, ossia di quelle cure che servono ad alleviare le sofferenze dei malati terminali, incurabili. E cosa ha detto il ministro? La verità, cruda e pura: “il malato terminale è un ingombro per le famiglie di oggi, ma lo è anche per l’ospedale, che lo considera una presenza scomoda” E ha spiegato il perché. Da un lato la famiglia non è più quella contadina di una volta, dove il familiare malato cronico veniva accudito fino alla fine con amore e dedizione dal coniuge e dai figli. Dall’altro gli ospedali cercano un’immagine positiva, iperspecializzata e sono maldisposti verso la presenza inutile e scomoda di chi sta per morire,per di più alzando gli indici di mortalità intraospedaliera. Il problema è di quelli pesanti. Lo è sul piano morale, perché non è tollerabile una società nella quale persone che si avviano alla morte tra grandi sofferenze siano sballottate tra una famiglia inadeguata e una sanità indifferente se non ostile. Ma lo è anche sul piano numerico, visto che aumentano sensibilmente i malati gravi, senza speranza di guarigione, che vivono ancora a lungo. Ma Veronesi è un uomo pratico, non si limita a denunciare, cerca le soluzioni. In primo luogo con una politica di lotta al dolore. E infatti il nostro paese ha introdotto recentemente delle norme che facilitano la prescrizione di farmaci oppioidi ai malati terminali. E’ una strada che, credo, debba essere percorsa rapidamente e con decisione, perché non c’è nulla che giustifichi le sofferenze, spesso atroci, che sono costretti a vivere i malati senza speranza. La seconda strada è quella che vuole costituire strutture dedicate ai malati terminali. Centri specializzati in cure palliative dove, senza pesare solo sulla famiglia o su ospedali che devono occuparsi dei malati guaribili, i malati terminali vengano assistiti sia da personale specializzato che dai familiari e da volontari. Il nome che il ministro dà a queste strutture è quello di hospice. E’ solo un’idea? No. Da poco è stato firmato un decreto che stanzia 80 miliardi per la realizzazione in Italia di una ventina di hospice. Sei progetti presentati da altrettante regioni sono già stati approvati. No, la Campania non c’é. Ci sono la Toscana, l’Emilia Romagna, la Liguria, l’Umbria, il Veneto e la Calabria. Perché non c’è la Campania? Non lo so. Certo non perché mancano le strutture. Vi ricordate l’inchiesta che facemmo due anni fa sugli ospedali iniziati da decenni e poi abbandonati? Ce n’era uno in particolare , l’ospedale Villa Eleonora di Castel San Giorgio, abbandonato da trent’anni e ridotta a rifugio per capre. La ASL di allora, che non brillava per efficienza parlava senza crederci di realizzare lì un ospedale per malati terminali. Come sapevano anche i bambini non se ne fece nulla. Recentemente il sindaco Alfano ha fatto una proposta più concreta: utilizzare quella struttura per realizzare una RSA per gli anziani non autosufficienti bisognosi di assistenza e affiancarla con una struttura, diciamo una decina di posti, destinata ai malati terminali. Ma, si dirà, mancano i soldi. Rispondemmo già l’altra volta: dove il settore pubblico non può arrivare trovi il modo più intelligente e remunerativo per coinvolgere i privati. Si può fare, utilizzando un patrimonio abbandonato e fornendo ai cittadini un servizio fondamentale. Impariamo da Veronesi: denunciare non basta, bisogna risolvere. Dopo trent’anni sarebbe quasi ora. O no?
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