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Gli interventi del Presidente sul quotidiano "Il Mattino" 


LUIGI CELESTRE ANGRISANI

L'articolo

29 giugno 2001  
Sud di serie B?
La politica nel pallone

Domenica scorsa ho fatto il tifo per la Reggina. Non per passione calcistica ma per passione civile. I pochi lettori che non distinguono un pallone da calcio da una scatola di sardine meritano una spiegazione, seppure in due battute. Alla fine del campionato quattro squadre retrocedono dalla serie A alla serie B e altrettante salgono da quello di serie B a quello di A. Tra le squadre che quest’anno andranno in B ce ne sono tre meridionali: il Napoli, il Bari e appunto la Reggina, che domenica si è giocata il posto in uno spareggio contro il Verona. Stava vincendo fino a pochi minuti dalla fine ma poi ha perso. E così anche la Reggina se ne va in B. In compenso le squadre che arrivano in A sono tutte settentrionali (Torino, Chievo, Piacenza e Venezia). Risultato? Il campionato di serie A 2001-2002 avrà una sola squadra del sud, il Lecce. Una su diciotto. Insomma, la palla non è rotonda, è a uovo. Con la punta verso il centro nord. Ci può essere chi pensa che sia una coincidenza, o chi è convinto che sia un complotto guidato da Bossi, Berlusconi e le multinazionali. Libero ognuno di pensare ciò che vuole. Resta il dato di fatto: la "cosa" più appassionante per gli italiani, il campionato di calcio di serie A, non rappresenterà l’intero Paese ma solo una sua parte. Che mi risulti – pronto ad essere smentito – un fenomeno del genere non esiste in nessun’altra nazione.

Lascio agli esperti le dispute su presidenti, allenatori, campagne acquisti e via calciando. L’ho detto: il tifo per la Reggina l’ho fatto per passione civile, non per amore della sua maglia. Se volete chiamatela "passione meridionalista".

Certo, confesso che mi piacerebbe vedere in serie A un bel derby tra Napoli e Nocerina (come ci sarà un derby, abbastanza imprevedibile, tra Verona e Chievo Verona) ma il punto è un altro. E’ quello per cui il calcio rischia di essere il simbolo di un sud emarginato dal Paese. Per carità, so benissimo che anche se avessimo nove squadre meridionali in serie A il sud non sarebbe per questo l’avanguardia socio economica del paese. Ma almeno non rischieremmo di trovarci a discutere in un bar di Milano e sentirci dire "su via, voi meridionali siete di serie B anche col pallone!". Eh no signori, un momento, prego. Il calcio è un simbolo di potere. E che il potere – quello politico ed economico- sia più di casa a latitudini superiori alle nostre non c’è dubbio. Però attenzione: che questo non autorizzi nessuno a pensare che il Sud possa essere una sorta di appendice del resto del paese. Il sud, lo dicono le statistiche, è la parte del paese che negli ultimi tempi ha registrato la maggiore crescita economica. E’ la parte del paese in cui sono nate più imprese. E’ la parte del paese che in proporzione paga più tasse e riceve meno finanziamenti. E’ la parte del paese, signori, senza la quale l’Italia non potrà avere nessuno sviluppo reale. Vero ministro Bossi? Va bè, direte voi, ma il campionato? Già, il campionato. Niente Campania, niente Calabria, niente Sardegna, niente Basilicata, niente Molise, niente Abruzzo. Solo un pezzetto piccolo piccolo di Puglia. Un sacco di Lombardia. Oddio, sembra la compagine del Governo! Anche lì domina il Nord, alla grande. Se poi penso che il Governo è guidato da un signore che è pure proprietario di una squadra di calcio che si chiama Milan mi viene qualche brivido. Non per passione calcistica, per passione civile. Meno male che l’anno prossimo ci sono i campionati del mondo. Bè, in estremo oriente ci saremo anche noi meridionali, con la maglia azzurra. A gridare…. Già, a gridare che? " Forza Italia"? Che sofferenza il calcio!

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